Il documento più antico che ci parla della Plebs Sancti Romani Militis et Martiris de Negrisia è un diploma dell’imperatore Ottone (793), che stabilisce i confini tra la diocesi di Treviso e quella di Ceneda.
A causa della Grande Guerra nulla di quello che era stato un enorme patrimonio di edifici, documenti, opere d’arte e arredi ci è pervenuto. Al vescovo Andrea Giacinto Longhin si deve la granitica volontà dimostrata nel perseguire la ricostruzione di quanto era andato perduto.
La costruzione di una nuova chiesa a Negrisia di Ponte di Piave era cominciata già nel 1913, essendo la vecchia non più sufficiente a contenere la popolazione. Progettista dell’imponente chiesa neogotica è stato Domenico Rupolo. L’edificio si presenta a tre navate coperte da volte a crociera con imponenti colonne in marmo rosso di Verona. Degno di nota è un frammento marmoreo appartenuto a una croce bizantina, un tempo posta sulla facciata della chiesa antica e ora murata all’esterno sopra una porta laterale.
A tutt’oggi non vi sono elementi precisi che permettano una datazione attendibile della chiesa di S. Bonifacio a Levada, filiale della pieve di Negrisia, ma si presume fosse già esistente alla fine del XI secolo. Traso, capostipite della famiglia trevigiana degli Strasso, alla fine del XII secolo aveva ricevuto in feudo la villa di S. Bonifacio di Levada, che era divenuta un importante avamposto trevigiano ai confini con Oderzo.
È ragionevole supporre che fossero proprio gli Strasso a costruire, oltre al castello, il nuovo luogo di culto. Il titolo della chiesa è S. Bonifacio, dedicazione unica in tutta la diocesi di Treviso, che lo storico trevigiano Francesco Agnoletti ritiene identifica con un protomartire patrono dei vassalli (quali erano gli Strasso). Dal XVI secolo il paese ebbe un curato proprio e a questi spettò il beneficio delle rendite a patto che rispettasse gli obblighi di ossequio alla chiesa madre di Negrisia.
La chiesa subì nel tempo varie trasformazioni. Per due volte fu allungata la navata; il muro ad est dell’abside fu abbattuto per ampliare il presbiterio e furono così distrutti alcuni affreschi che facevano parte del ciclo pittorico quattrocentesco. Lavori particolarmente rilevanti furono eseguiti nel XVI secolo, tanto che la chiesa e l’altare furono riconsacrati (una lapide del 1522, murata all’interno dell’edificio, ricorda l’avvenimento).
Artefice di questa ristrutturazione, che si rese indispensabile a causa dell’aumento della popolazione, fu il parroco Domenico da Refrontolo. Lo stesso curato commissionò nel 1530 al pittore trevigiano Francesco Bissolo due pale per la chiesa da poco restaurata. La prima rappresenta San Bonifacio fra i santi Agata e Pietro e fu destinata all’altar maggiore, la seconda raffigura la Madonna con i santi Lorenzo e Paolo e trovò collocazione in una cappellina ricavata nella parete sud. Il piccolo fonte battesimale venne eseguito probabilmente sul finire del XVI secolo, quando molti rettori delle cappelle campestri ebbero la concessione di battezzare.
L’antica piccola parrocchiale conserva ancora numerosi affreschi quattrocenteschi e tra questi una Madonna in trono con bambino, detta “Madonna della Rondine”, di forte sapore nordico. La chiesa di S. Bonifacio fu favorita anche dai nobili Ottoboni, che nel 1667 eressero a proprie spese l’altare di S. Antonio.
La chiesa nuova di S. Bonifacio a Levada, ricostruita su disegno del Rupolo, è un edificio neogotico, dalle linee pulite ed essenziali. Al suo interno sono esposte le suddette pale del Bissolo.
(Autore: Claudio Rorato).
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