Le parrocchiali di S. Silvestro di Cimadolmo e di S. Michele Arcangelo di San Michele di Piave non sono accomunate solo dal far parte del medesimo territorio. In maniera del tutto insolita, pare che entrambe abbiano cambiato la loro ubicazione nel corso del tempo a causa delle esondazioni del Piave. Altro dato in comune è anche il periodo della loro ultima riedificazione, avvenuta negli anni Venti del Novecento, seppur con esiti stilistici differenti.
Nel caso di Cimadolmo, la parrocchiale si presenta all’esterno con un impianto eclettico, basato prevalentemente su elementi neoromanici, come ad esempio il protiro, il rosone e gli archetti ciechi del sottogronda.
Le opere presenti all’interno costituiscono un’interessante finestra sull’arte novecentesca, a partire dalla Sant’Anna con Maria Bambina in controfacciata, opera del 1917 di Vittorio Celotti e dono della Pia Unione delle Madri Cristiane. Lungo la navata, una Via Crucis di Giordano Beotto, autore anche della tempera in facciata raffigurante San Silvestro, che fonde insieme i modi degli anni Trenta con il ricordo dei pittori veneti del Cinquecento. Sulla parete di fondo del presbiterio, la luminosa pala di Luigi Cima degli anni 1926-27, che rappresenta la Madonna Assunta e i santi Pietro, Gaetano da Thiene, Silvestro e Giovanni Battista.
Interessante è sapere che il suo monumentale cartone preparatorio è conservato presso la parrocchiale di Villa di Villa di Mel, luogo d’origine del pittore. Tra tutte queste espressioni della contemporaneità spiccano delle opere superstiti dalla chiesa precedente, come ad esempio l’ottocentesca Madonna del Rosario o la statua della Vergine nella grotta di Lourdes, allestita presso la cappellina a destra del presbiterio che, come recita una lapide, è “rimasta intatta fra le rovine”.
La parrocchiale di San Michele di Piave si distingue per la pianta centrale di ispirazione classica, con pronao esterno sormontato da un timpano. Risalendo con gli occhi lungo le costolature della grande cupola, si giunge alla lanterna sommitale, dove trova collocazione un grande San Michele Arcangelo di tre metri, opera dello scultore Vittorio Celotti. Un altro angelo dello stesso autore fa da rimando di fronte all’ingresso della chiesa, collocato sul monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale.
L’interno è scandito dall’apertura del presbiterio e delle quattro cappelle, oltre che dalle venti colonne che sorreggono la cupola. Quest’ultima, tripudio di colore e personaggi dai quali è difficile distogliere lo sguardo, è realizzata dal maestro veronese Carlo Donati, che nel 1927 la porta a termine in soli tre mesi. Il tema (Il Padreterno affida all’Arcangelo Michele l’incarico di debellare Lucifero e gli angeli ribelli) è svolto in maniera singolare: in corrispondenza del presbiterio sono rappresentati a dimensioni monumentali i protagonisti del ciclo pittorico, attorniati da un caleidoscopio di schiere angeliche. Di mano del Donati è anche la decorazione del tamburo sottostante, dove tra i vari santi rappresentati si cela anche l’autoritratto dell’artista.
Accanto all’ingresso è possibile ammirare un’Adorazione dei pastori attribuita da Eugenio Manzato nel 1998 a un giovane El Greco su modello della pittura dei Bassano. Poco distante, sempre nei pressi del portale principale, è d’obbligo uno sguardo anche all’acquasantiera cinquecentesca, proveniente dal luogo di culto precedente: una presenza che è un invito a non soffermarsi solo sulle opere prestigiose e monumentali, ma anche a scovare quei gioielli di fede e devozione quotidiana di cui le nostre chiese sono scrigni preziosi.
(Autore: Cristina Chiesura).
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