La cattedrale di Santa Maria Assunta di Vittorio Veneto, dalle origini della diocesi all’arte del Novecento

Una cattedrale, come dice il termine stesso, è il luogo che custodisce la cattedra del vescovo, la sua sede, rappresentando oggi come un tempo il centro liturgico e spirituale di una diocesi. Non solo: essendo chiesa madre per i fedeli di un territorio, spesso è anche espressione della loro devozione lungo i secoli, tramite le sue caratteristiche architettoniche e le sue opere d’arte sacra.

Così è infatti la cattedrale di Santa Maria Assunta di Vittorio Veneto, collocata nel quartiere storico di Ceneda ai piedi del colle dove sorge il castello vescovile. L’edificio odierno, progettato da Ottavio Scotti a partire dal 1741, è il terzo costruito nell’area, dopo un primo luogo di culto attestato già dal VII secolo e distrutto nel 1199 e un secondo di chiaro impianto tardo romanico, così come ce lo presenta un dipinto di Pomponio Amalteo conservato presso il vicino Museo Diocesano.

Secondo questa importante testimonianza pittorica, la precedente cattedrale è affiancata dal campanile che ancora oggi è presente accanto alla struttura settecentesca. La facciata attuale, invece, è frutto di un completamento degli inizi del Novecento ed è tripartita da monumentali semicolonne sulle quali si imposta un timpano imponente. L’interno, suddiviso in tre navate, è rivestito da marmi e da un fiorire di altari – quasi tutti provenienti da chiese veneziane – che fungono da cornici per importanti opere d’arte: un repertorio per lo più di ambito veneto, che nel suo insieme rappresenta tutti i secoli tra il XV ed il XX tramite artisti come Jacopo da Valenza – qui con la sua prima opera documentata -, Leandro Da Ponte, Antonio Lazzarini, Pietro Antonio Novelli e Girolamo Denti. Presso l’altare del Rosario è inoltre d’obbligo citare la presenza di un Quattrocentesco Vesperbild, Pietà in guβtein – “pietra colata” – dove marcata è l’espressione della sofferenza.

La navata centrale, separata dalle laterali da archi poggianti su pilastri, invita il nostro occhio a correre verso l’area del presbiterio dove troviamo la cattedra episcopale, antico stallo ligneo del Quattrocento proveniente dal raffinato coro della cattedrale precedente. Sopra di essa la severità dei marmi lascia posto ad un’improvvisa accensione di colore. Il catino absidale e le due cupole sono infatti impreziositi da affreschi degli anni Quaranta del Novecento: la Crocifissione e l’Incoronazione della Vergine di Alessandro Pomi e le Storie di San Tiziano di Pino Casarini, storie che in maniera particolare puntano l’attenzione sulla figura del santo patrono e sulla cripta posta sotto l’altar maggiore che ne contiene le reliquie.

Se gli affreschi preparano il fedele raccontandogli le vicende del santo, lo spazio ipogeo gli fornisce la dimensione della preghiera e della meditazione: una grande volta ribassata invita infatti al raccoglimento, aprendosi però ad un tratto per inondare di luce naturale – e quindi evidenziare – l’urna bronzea che dal 1912 custodisce i resti sacri. Su di un lato dell’aula è infine posta una straordinaria scultura Cinquecentesca ad opera di Galeazo Milanese raffigurante san Tiziano benedicente, la quale rappresenta visivamente la devozione al santo patrono, fulcro spirituale ed artistico della cattedrale di Vittorio Veneto.

Sulla chiesa sembra estendere la sua benedizione il beato Albino Luciani, papa Giovanni Paolo I, attraverso la bella scultura esterna che racconta a tutti il sorriso e la bontà dell’amato Vescovo sulla cattedra di San Tiziano dal 1959 al 1970.

(Autore: Cristina Chiesura).
(Foto e video: Qdpnews.it © Riproduzione riservata).
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