Se le biografie di Tommaso Ebhardt avessero un sottotitolo – e per i nomi che riportano nel titolo, non ne hanno assolutamente bisogno – “la solitudine dei grandi leader” potrebbe essere azzeccato: le due opere finora redatte dall’autore trevigiano, direttore della redazione di Milano di Bloomberg News, hanno in comune una narrazione oggettiva, basata su testimonianze reali, costellata di aneddoti, rispettivamente di due singolari personalità che hanno influenzato il modo di fare impresa.
Dopo il bestseller su Sergio Marchionne, Ebhardt si è messo a lavoro per inseguire l’ombra di Leonardo Del Vecchio, fondatore e presidente della holding Luxottica, la più grande al mondo nel settore dell’occhialeria, e l’ha fatto con un punto di vista innovativo: “Non posso dire di conoscere bene Leonardo Del Vecchio – ha detto ieri sera, sabato, dopo la presentazione alla Lovat di Villorba – Posso dire che in un singolo momento di confidenza, mi ha detto che la sua famiglia era la fabbrica e che ha dovuto sacrificare del tempo da dedicare a loro per lavorare”.
A tenere il lettore incollato al volume, edito Sperling&Kupfer, sono gli aneddoti e le testimonianze dirette che Ebhardt è andato a cercare all’origine della carriera di Del Vecchio: di come scelse come base operativa Agordo, un paese del bellunese in cui non c’erano nemmeno le strade ben asfaltate, al posto del Cadore, ormai saturato di occhialerie, riuscendo effettivamente a spostare l’attenzione del mercato di qualche chilometro verso Belluno; di come i giovani del paese si sorprendessero nel vedere le luci dello stabilimento sempre accese anche alla notte e venissero a bussare per poi ottenere un lavoro senza alcun colloquio; della squadra di calcio che fondò; della prima volta, negli anni ’80 in cui Del Vecchio assunse un assistente personale che prendesse nota di tutto ciò che diceva per poi farlo realizzare il giorno dopo.
Nel raccontare queste e altre microstorie, l’autore ha mostrato durante la presentazione un affetto ritrovato per il Cadore e per il mondo dell’occhialeria, parlando della borgata di Rizzios, di Angelo Frescura e delle doti “da influencer” della Regina Margherita, che portò al successo l’occhiale cadorino.
Cosa significa “biografia non ufficiale” e perché per certi aspetti è un vantaggio?
Vuol dire che è il mio punto di vista: è il mio modo di approcciare una vita straordinaria come quella di Del Vecchio. Questo mi dà anche la libertà di raccontare quello che io penso sia interessante per il mio lettore.
Trovi tratti comuni nella storia di Marchionne e in quella di Del Vecchio?
Sì, la solitudine e l’ossessione dei leader. Mi interessa anche il lato oscuro della luna, ovvero la parte di queste personalità che è più distante dai riflettori. Il fatto di realizzare grandi successi ma anche lasciare indietro qualcosa mi ha colpito e incuriosito particolarmente. È vero, le due biografie che ho scritto sono storie di vincenti. Mi piacerebbe raccontare anche di qualcuno che prova a fare l’imprenditore da una vita e non ce la fa.
Hai intervistato personalità che generalmente sono schive e riservate, eppure il tuo libro è pieno di aneddoti: come hai fatto sapere quanto in profondità andare a cercare?
Credo che l’aneddoto renda il racconto più interessante. La parte ufficiale la puoi studiare, certo, ma insomma puoi googlare se vuoi sapere chi è Sergio Marchionne. L’aneddoto è l’ingrediente più importante perché ti permette di conoscere più da vicino il protagonista, come persona più che come celebrità. Ovviamente sempre con l’obiettivo di raccontare storie vere e non fittizie.
Come ultima domanda, pensi che a Del Vecchio sia piaciuto ogni capitolo di questo libro?
Penso che Del Vecchio avrebbe fatto volentieri a meno di tutto il libro. Avrebbe preferito un volume su Luxottica. Credo però che abbia capito il mio interesse sincero nel raccontare questa storia.
(Fonte: Luca Vecellio © Qdpnews.it)
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