Filiale della pieve di Tarzo, la prima attestazione di una chiesa dedicata ai Santi Gervasio e Protasio risale al 1216 con la donazione di Elisabetta moglie di Bartolomeo da Feltran.
Divenuta parrocchia nel XV secolo, l’attuale edificio viene consacrato nel 1758 dal vescovo di Ceneda Lorenzo Da Ponte. La facciata principale è di impronta neoclassica, contraddistinta da un ordine di paraste su alto piedistallo e da un timpano dotato di mensole. Nella specchiatura centrale trovano posto una grande finestra semicircolare e il portale con timpano spezzato. Al di sopra una nicchia contiene una piccola statua lapidea.
L’interno, a navata unica, presenta quattro altari laterali e presbiterio sormontato da cupola con pennacchi dipinti da Vittorio Casagrande. L’unica concessione alla sobrietà figurativa dell’apparato decorativo di Luigi Salvadoretti (1928) è costituita dal grande affresco della Gloria dei santi Gervasio e Protasio, realizzato nel 1775 sul controsoffitto dal pittore cadorino Gio. Batta Dal Colle. Il bicromatismo parietale, che ha il pregio di mettere bene in evidenza tutti gli elementi architettonici, è frutto di manutenzioni che si sono purtroppo sovrapposte alle precedenti decorazioni di pregio di Gino Gobbis da Motta (1908). Degna di nota è la pala del 1614, posta dietro l’altare maggiore, raffigurante una Madonna col Bambino fra i santi Gervasio e Protasio, Gottardo e Giuseppe, realizzata da Silvestro Arnosti da Ceneda, l’allievo di Marco Vecellio che ha dipinto anche i quadri di San Carlo e del Martirio dei santi Gervasio e Protasio in controfacciata. Le due statue in marmo rappresentanti San Gervasio e San Protasio ai lati dell’altare maggiore sono opera di Giovanni Marchiori da Caviola, esponente del tardo Barocco veneto. L’altare laterale di S. Giuseppe è ornato dalla pala della Madonna col Bambino, san Giovannino e san Giuseppe (1758), attribuita a Egidio Dall’Oglio da Cison, il primo e il più prolifico discepolo di Giambattista Piazzetta. Sull’altare di S. Caterina è posta una pala di Giovanni Sasso, rappresentante Le sante Caterina, Apollonia e Lucia. La statua lignea sull’altare di S. Antonio da Padova è di autore gardenese, mentre quella dell’altare della Madonna del Rosario è di Valentino Pancera Besarel da Zoldo.
L’organo, commissionato nel 1859 a Giovanni Battista De Lorenzi, fu suonato nel 1943 dal compositore ebreo Kraus Elca da Vienna, che si era rifugiato presso il parroco di Corbanese don Antonio Piasentin, per il quale compose quattro canti sacri (don B. Sartori).
Il santuario della Beata Vergine di Loreto, attestato nel 1551 in occasione di una locazione di terra appartenente al Capitolo di Ceneda, è introdotto da un pronao. Al suo interno l’altare in marmo di Carrara del 1874 sostiene la pala della Madonna di Loreto circondata da Angeli, dipinta nel 1613 da Francesco Fregimelega. Meta di pellegrinaggi, è tuttora adorna di moltissimi ex-voto, risalenti anche al XVII secolo. Sulla torre mozzata sono state ricollocate nel 1922 le tre campane trafugate durante la Grande Guerra. La campana maggiore (dedicata alla Traslazione della S. Casa di Nazareth) rappresenta la popolazione di Corbanese sita in piano; la campana mezzana (dedicata all’Assunzione) rappresenta gli abitanti di Piai e Castagnera; la campana piccola (dedicata agli Angeli Custodi) rappresenta i borghi Foltran e Mondragon. Sugli ameni declivi della gioconda alma terra corbanesana le tre campane vibrano ancora, intonando l’Ave Maria (don G. Faè).
(Autore: Maria Teresa Tolotto – Giuliano Ros).
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