Gli antichi greci sostenevano che “Muore giovane chi è caro agli dei”. Un destino a cui non è sfuggito l’asso dei cieli, Francesco Baracca, abbattuto il 19 giugno 1918 sui cieli di Nervesa della Battaglia a soli 30 anni.
Decorato con due medaglie d’argento e una medaglia d’oro al valore militare, Francesco Baracca nonostante la breve carriera è considerato da tutti un eroe. I 34 abbattimenti in 63 combattimenti aerei, lo consacrano “Asso degli assi”.
Qdpnews.it è andato nei luoghi che lo hanno visto protagonista, con l’intento di raccontare la straordinaria epopea del cavaliere dei cieli.
Francesco Baracca nasce il 9 maggio 1888 da una ricca famiglia di Lugo di Romagna in Provincia di Ravenna. La madre è la contessa Paolina Biancoli, il padre il conte Enrico, agiato uomo di affari del ravennate.
Dopo i primi studi dai salesiani di Lugo proseguiti agli Scolopi della Badia Fiesolana, Francesco Baracca si sposta a Firenze al Liceo “Dante”, dove consegue la maturità classica. Il primo passo verso la carriera militare avviene con l’iscrizione alla scuola militare di Modena, da lui frequentata per diversi anni.
Nel 1909 approda alla scuola di cavalleria di Pinerolo in Piemonte, dove ottiene il grado di sottotenente dell’Arma di cavalleria del Regio esercito e l’anno dopo, viene assegnato al 1° Squadrone del 2° Reggimento “Piemonte Reale” dislocato nella Caserma Pretorio a Roma.
La sua grande passione che coltiverà negli anni romani sono i cavalli e l’equitazione, tanto che nel 1911 vince il concorso ippico “Tor di Quinto”. Nel 1912 la svolta. Durante un’esercitazione aerea all’aeroporto Centocelle di Roma, scatta la scintilla. Baracca rimane folgorato. Da quel momento il suo sogno diventa volare.
Scrive al padre: “Mi accorgo di avere avuto un’idea meravigliosa, perché l’aviazione ha progredito immensamente ed avrò un avvenire strepitoso”. Così nel maggio 1912 viene inviato a Reims dove consegue il brevetto militare nel 1914. Baracca ha talento e viene subito scelto per l’addestramento sul Nieuport 10 da caccia.
Nel 1915, allo scoppio della Grande Guerra viene subito impiegato in missione contro gli austriaci. Nell’ aprile del 1916 gli viene affidato un Neuport11 ed entra a far parte del “70° Squadriglia caccia” con la quale consegue il primo di una lunga serie di successi: l’abbattimento di un Brandenburg nemico con la cattura del suo equipaggio.
Si racconta che una volta atterrato strinse la mano del pilota abbattuto. Il suo motto era “E’ all’apparecchio che miro, non all’uomo.” Compirà numerose azioni aeree. Ma oltre che per le sue prodezze di pilota verrà ricordato per la cavalleria da gentiluomo dei cieli che lo ha contraddistinto in tutti i combattimenti.
Le vittorie arrivano in serie e gli valgono, dopo appena soli due mesi, la promozione al grado di capitano e la celebrità. Le sue gesta nei cieli vengono narrate in tutto il mondo, facendolo così diventare un vero e proprio mito. Ormai è un “asso”, qualifica che spetta alla ristretta cerchia di aviatori che hanno abbattuto almeno cinque aerei nemici.
Per questo motivo, nel 1917 viene costituita la 91^ Squadriglia, denominata appunto la “Squadriglia degli assi” dotata dei nuovi SPAD XIII. A Baracca viene concesso di sceglierne personalmente gli uomini che opereranno al suo comando. Ma è nella Battaglia del Solstizio, combattuta sul Piave nel giugno 1918, che la “Squadriglia degli assi” si rivela determinante perché riesce a conquistare il dominio del cielo, contribuendo a fermare l’avanzata delle prime linee nemiche.
Il 19 giugno del 1918 avviene l’irreparabile. Nel corso di un combattimento, l’aereo di Francesco Baracca, che nel frattempo è diventato maggiore, viene colpito dalla contraerea nemica schiantandosi in fiamme sul Montello. Francesco Baracca viene ritrovato morto, ustionato in più parti e con una ferita nell’incavo dell’occhio destro alla radice dl naso.
Lo Spad VII con cui volava perché il suo Spad XIII era in manutenzione, è stato ritrovato completamente distrutto, carbonizzato. La vita del valoroso aviatore si spense così a soli 30 anni. Il 30 giugno, davanti ad una folla imponente, si svolsero i funerali, ultimo abbraccio all’uomo e all’eroe italiano.
L’elogio funebre venne pronunciato da Gabriele D’Annunzio suo estimatore. In ricordo di Francesco Baracca, sul Montello a fine conflitto, verrà eretto il Sacello Francesco Baracca, monumento voluto in suo ricordo. Subito dopo la sua morte, la 91ª Squadriglia venne ribattezzata “Squadriglia Baracca”.
La morte di Francesco Baracca ha dato adito a diverse ipotesi e ricostruzioni. La propaganda dell’epoca, in tempi in cui l’esito della guerra era ancora incerto, parlava di una morte per fuoco di terra.
La tesi più accreditata offre questa ricostruzione: quel giorno era in volo sui cieli sopra il Piave un ricognitore nemico pilotato da Max Kauer con Arnold Barwig come osservatore-mitragliere. Dovevano volare sul fronte della 17ª divisione per scattare delle fotografie. Durante il volo videro due caccia Spad in avvicinamento a circa un chilometro e manovrarono prontamente per combatterli. Furono loro a colpire l’aereo di Francesco Baracca incendiandolo.
Scattarono anche due foto dell’abbattimento e la vittoria fu omologata subito, ben prima che si sapesse della sorte di Baracca. Inoltre, a seguito delle notizie italiane che Baracca era morto sì, ma per fuoco da terra, gli austriaci tennero una lunga indagine e poterono constatare come i mitraglieri a terra non avessero munizioni incendiarie.
Piuttosto, tre ufficiali a terra che seguirono lo scontro con l’uso di un cannocchiale, confermarono che lo Spad venne abbattuto dal ricognitore. In conclusione, non c’era dubbio che fosse stato abbattuto da un aereo austriaco. Altre tesi si sono susseguite, aumentando l’alveo di mistero attorno alla morte dell’eroe, anche perché nessuna autopsia venne fatta ai tempi.
Il mito di Francesco Baracca, oltre alle sue gloriose gesta sui cieli, è legato anche ad uno dei più prestigiosi marchi del made in Italy, la Ferrari. Le autovetture di Maranello, sfoggiano con orgoglio il cavallino rampante, lo stesso esibito da Francesco Baracca nella fusoliera dei suoi aerei.
Ma perché Francesco Baracca scelse il cavallino rampante e come questo finì sui bolidi di Enzo Ferrari? Il cavallino nero figura sulle vetture Ferrari dalla nascita dell’azienda nel lontano 1947, ma già nel 1932, precisamente durante la 24 ore di Spa-Francorchamps Ferrari lo mise in evidenza sulle sue vetture.
La memoria storica ci riporta nel 1923, al 1° Circuito del Savio, alla coppia vincente Enzo Ferrari- Giulio Ramponi. Quel giorno ospite d’onore è il conte Enrico Baracca, padre dell’eroico aviatore. E’ un incontro molto affettuoso. Tra il giovane pilota e l’anziano gentiluomo nasce una stima ed amicizia. A quell’incontro ne seguì un altro, con la madre contessa Paolina. Ferrari racconterà che fu lei a suggerirgli di mettere sulle sue macchine il cavallino rampante del figliolo e che questo gli avrebbe portato fortuna.
Ma, contrariamente a quanto ci si sarebbe potuti aspettare, l’affidamento è da Ferrari inizialmente ignorato, con il cavallino che resta in un cassetto per molto tempo ancora. Vedrà la luce, sulle fiancate delle Alfa Romeo della Scuderia Ferrari, solo in occasione della 24 Ore di Spa Spa-Francorchamps, in Belgio, del 1932, ben nove anni dopo.
Ferrari fece applicare il cavallino rampante nero su campo giallo canarino, per identificare i colori della sua città natale, Modena. Ma che collegamento c’è tra il cavallino della Ferrari e quello della Porsche? Qui torna in ballo ancora Francesco Baracca. Sarebbero entrambi desunti dallo stesso stemma, quello della città di Stoccarda. Sembra infatti che Francesco Baracca abbia adottato l’emblema del cavallino rampante, dopo avere abbattuto sul cielo di Tolmezzo, nel 1916, il suo quinto apparecchio nemico.
Secondo il rituale bellico-cavalleresco del tempo, la quinta vittima consentiva al pilota da caccia di assumere la qualifica di asso, ed era usanza che, a ricordo dell’avvenimento, venisse adottata come insegna quella dell’ultimo nemico abbattuto. Fu così , secondo questa tesi, che Baracca scelse il cavallino, emblema di uno sconosciuto nemico, probabilmente originario di Stoccarda.
Un’altra verità osserva che il cavallino rampante, è anche il simbolo della Piemonte Reale Cavalleria, unità di cui Francesco Baracca faceva parte prima di scoprire la passione per gli aerei. La storia del cavallino rampante e la morte dell’uomo che lo fece volare rimangono dunque avvolte nel mistero.
Tutto questo, unito alle straordinarie acrobazie sui cieli tra Piave e Montello, hanno fatto di Francesco Baracca un eroe, il vero asso dei cieli dell’aviazione taliana.
(Fonte: Giancarlo De Luca – Qdpnews.it).
(Ricerche storiche a cura di Chiara Rainone)
(Operatore: Nicola Casagrande).
(Immagini: ©Comune di Lugo (Ravenna, ©Museo Baracca, ©www.storiologia.it, ©wikipedia (CC BY-SA 4.0), Si ringrazia per la collaborazione la Fondazione Jonathan Collection)