Tra le pagine del passato: la storia di Carlo Campari, gentiluomo alla corte dei duchi d’Aosta

Carlo Campari in un momento di gioco con uno dei figli dei duchi d’Aosta

Sfogliando le pagine del nostro passato, capita di trovare storie poco raccontate, ma ricche di significati e di curiosità, in grado di gettare luce su quelle che erano le consuetudini e i tratti della società di un tempo.

Un pensiero che collima perfettamente con la vicenda di Carlo Campari, cognome da non confondere con quello della nota azienda che produce l’omonima bevanda alcolica.

Carlo Campari fu infatti gentiluomo alla corte dei duchi d’Aosta, con i quali condivise un rapporto di fiducia e di vicinanza.

Foto di gruppo tra nobili: Carlo Campari è il primo da destra

A testimoniarlo è il nipote dell’uomo, Alessandro Gradenigo, di professione geologo e appassionato di storia, residente a San Pietro di Feletto, già autore di un volume sulle tre sorelle crocerossine Astuto.

Nonostante non abbia mai potuto conoscere il nonno materno, morto anzitempo, Gradenigo conserva in casa numerose foto e immagini del nonno, assieme agli album di fotografie che lo stesso Campari aveva riempito di istantanee, ordinate anno per anno.

Carlo Campari e la sua immancabile macchina fotografica

Foto che hanno contribuito ad arricchire un volume scritto dallo stesso Gradenigo sulla storia del nonno, pubblicato nel 2016 per Gaspari Editore, dal titolo “Carlo Campari. Ufficiale di cavalleria da Capodimonte alla battaglia di Pozzuolo”.

“Tutto questo lavoro di ricerca è nato perché in casa c’erano diverse foto dei duchi d’Aosta, anche assieme a mio nonno – ha raccontato l’autore – Un giorno, all’interno di un armadio, trovai una valigia di pelle marrone, contenente foto e svariate corrispondenze con i duchi”.

“Iniziai così a ordinare quel materiale anno per anno e a leggere le lettere”, ha aggiunto.

Carlo Campari alla corte dei Duchi d’Aosta

Carlo Campari nacque nel 1870 a Milano: il padre era un funzionario del Tesoro e la famiglia, appartenente alla ricca borghesia, abitava vicino al Teatro alla Scala. Ultimo di quattro fratelli, Carlo frequentò il Collegio militare di Milano, mentre a 17 anni entrò nell’Accademia militare di Modena.

Carlo Campari al Collegio militare

“Mio nonno nacque nel 1870, anno della breccia di Porta Pia, e morì nel 1922, quando ci fu la marcia su Roma: due date cruciali nella storia – ha raccontato Alessandro Gradenigo – La sua fu la carriera di un giovane ufficiale, che si trovò poi alla corte dei duchi d’Aosta. Il primo incontro con i duchi (Emanuele Filiberto e la moglie Hélène d’Orléans) avvenne quando questi giunsero in visita alla caserma di Vercelli”.

“Il duca d’Aosta venne nominato comandante del decimo Corpo d’armata di stanza a Napoli, dove si trasferì da Torino – ha proseguito – Per i duchi fu un viaggio a tappe, tra Firenze e Roma, dove andarono in visita al re. Poi ci fu l’arrivo a Napoli e fu letteralmente amore a prima vista tra i napoletani e la duchessa”.

A Napoli, nella reggia di Capodimonte, visse con i duchi per quattro anni anche Carlo Campari il quale, nel frattempo, nel 1910 era divenuto ufficiale e aiutante di campo del duca Emanuele Filiberto e, di conseguenza, gentiluomo di corte a tutti gli effetti.

Da sinistra verso destra: Carlo Campari e il duca d’Aosta al mare

Un sodalizio che durò quattro anni, seguito poi dall’impegno militare durante la Grande Guerra. Un periodo contraddistinto da momenti di spensieratezza, anche assieme ai figli dei duchi, Amedeo (futuro duca d’Aosta) e Aimone (che diverrà duca di Spoleto), partite a tennis (sport che iniziò a essere molto praticato nei primi del Novecento) e di caccia, passeggiate, cavalcate e bagni a Posillipo, visite con tutto l’entourage agli scavi di Pompei, incontri mondani tra personaggi della nobiltà.

Tutto perfettamente documentato, grazie alla passione di Carlo Campari per la fotografia.

“Mio nonno aveva la passione per le foto e, infatti, veniva immortalato quasi sempre con la macchina fotografica in spalla – ha raccontato il nipote – Ancora oggi conservo gli album di foto che lui stesso ha riempito e ordinato per annata. Proprio mio nonno stampava le immagini e ne ha fatte molte anche ai duchi”.

“Addirittura fu invitato a Londra all’incoronazione di re Giorgio V e della regina Mary nel 1911“, ha proseguito, mostrando il libretto con il programma dell’incoronazione e il menù in francese del pranzo a Buckingham Palace conservati dal nonno, a ricordo del prestigioso invito che ricevette.

Il libretto con il programma dell’incoronazione di re Giorgio V e della regina Mary, assieme al menù del pranzo a Buckingham Palace

Immagini di gruppo, di se stesso in svariate occasioni e dell’incontro tra nobili e, più in generale, le immagini di vita quotidiana di un tempo in cui l’aristocrazia era la normalità in un’Italia monarchica.

Una figura, quella di Carlo Campari, destinata ad avere anche un legame con la città di Treviso, dove arrivò da ufficiale di Cavalleria nel 1910: lì conobbe Maria (proveniente da una famiglia borghese di Pavia), che sposò poi a Venezia, prima della guerra.

Maria era già stata moglie di un nobile, appartenente alla famiglia Sernagiotto, deceduto a causa di una malattia.

La donna ereditò Villa Sandi che, successivamente, su consiglio di un’amica, vendette prima della Grande Guerra (era molto grande per una vedova), per acquistare Palazzo Collalto a Treviso (situato un tempo di fronte all’attuale negozio Coìn), un edificio seicentesco poi distrutto a causa di un bombardamento nel 1944.

“Probabilmente il palazzo pagò il fatto di essere nelle vicinanze della stazione ferroviaria – ha raccontato Gradenigo – In quell’edificio si trovavano anche gli affreschi di Tommaso da Modena, staccati prima del conflitto e messi in un museo della città”.

Lo scoppio della Grande Guerra e l’impegno militare

Furono tempi felici, quelli trascorsi da Carlo Campari alla reggia di Capodimonte, destinati a essere interrotti dallo scoppio della Prima guerra mondiale.

“Quando mio nonno dovette lasciare la reggia di Capodimonte, il duca gli regalò un orologio, in ricordo di quei quattro anni trascorsi insieme – ha raccontato Gradenigo – La Cavalleria, a cui apparteneva il nonno, non fu grandemente impiegata sul campo di battaglia, ma utilizzata per fare delle perlustrazioni: il modo di fare la guerra era cambiato, rispetto al passato”.

Carlo Campari fu mandato in territorio friulano, dove comandò il reggimento Lancieri di Novara, durante la battaglia di Pozzuolo del Friuli (Udine), il 29 e 30 ottobre 1917. Battaglia dove venne fatto prigioniero dagli austriaci, nel corso di una carica, e successivamente internato nel campo di Mauthausen.

Carlo Campari (il primo da destra) in divisa

Quella di Pozzuolo, dopo Caporetto, è la battaglia più conosciuta e più celebrata della Grande Guerra. Ancora oggi, alle ex scuole elementari “30 ottobre 1917” di Pozzuolo (piazza Julia) è possibile scorgere una lapide commemorativa, dedicata proprio a Carlo Campari, dove si legge: “Nel glorioso ricordo del colonnello Carlo Campari e dei suoi bianchi Lancieri di Novara che, col generoso contributo della popolazione, il 29 e 30 ottobre 1917 questo borgo resero illustre, opponendosi impavidi al nemico invasore, irradiando di un luminoso sacrificio il grigiore di una patria in lacrime”.

“Ufficiali, sottufficiali e lancieri dell’antico e del rinnovato reggimento – si legge ancora – accomunati in tributo di amore di fede, riaffermano il motto fatidico ‘Albis Ardua’ (‘Ai bianchi le imprese difficili’, ndr)”. Dove il termine “bianchi” fa riferimento ai Lancieri di Novara.

“Durante una carica, venne ferito il cavallo su cui si trovava mio nonno, il quale venne fatto prigioniero a Mauthausen, dove rimase per sei mesi – ha raccontato Gradenigo – Al suo ritorno venne interrogato, come era di consuetudine con chi era stato prigioniero: una pratica fatta per essere sicuri che, in un momento di difficoltà, non fosse stato rivelato nulla al nemico”.

“Rientrò dalla prigionia attraverso la Svizzera e poi Como – ha aggiunto – C’è un passo del diario della duchessa d’Aosta, nel 1918, in cui lei parla dell’incontro con il colonnello Campari, al rientro del treno dei prigionieri. Mio nonno morì poi nel 1922, probabilmente anche per le conseguenze di quel periodo di prigionia, in cui mangiarono per lo più pane e bucce di patate”.

Tempi di guerra: Carlo Campari in divisa, a fianco della duchessa d’Aosta (gli ultimi due del gruppo)

“In quei mesi a Mauthausen inviò delle cartoline alla moglie e, al suo ritorno, fece una sorta di ‘pellegrinaggio’ nei luoghi dove ci fu la guerra e in cui era stato – ha continuato – Guerra durante la quale riuscì a mettere in salvo il duca d’Aosta, assieme al colonnello Francesco Bellotti. Fecero sì che il duca riuscisse a passare il Tagliamento e, così, a mettersi in salvo”.

Nel 1920 il duca d’Aosta venne rimosso dal suo incarico militare, vista la sua presa di posizione a favore dell’impresa di Fiume di Gabriele D’Annunzio, mentre in quel periodo Carlo Campari fu messo in pensione.

Una vicenda, quella di Carlo Campari, che è interpretabile come un incrocio di storie, in grado di gettare luce su abitudini, vicissitudini e particolari di un capitolo del secolo scorso.

Fonte: Arianna Ceschin © Qdpnews.it)
(Foto: per gentile concessione di Alessandro Gradenigo – Qdpnews.it © riproduzione riservata.
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