Quali origini manifesta, quali misteri nasconde la grande festa dell’Epifania, che rappresenta da sempre uno degli appuntamenti più celebrati e amati da tutte le generazioni del territorio dell’Alta Marca, e non solo? Qdpnews.it lo ha chiesto al professor Enrico Dall’Anese (in foto sotto), noto storico locale di Solighetto, che ha dedicato numerose pubblicazioni proprio ai temi della cultura e delle tradizioni locali.
Cominciamo dal Panevin, il grande evento popolare che la sera del 5 gennaio vede, in tempi normali, l’accensione dei falò in borghi, paesi e città accompagnati da canti e filastrocche e dalla degustazione del tipico dolce della “pinza”.
“Il Panevin – introduce il professor Dall’Anese – è un rito di fuoco che fa parte della consuetudini risalenti a centinaia di anni prima di Cristo. Si svolgeva in Europa, specialmente nella zona celtica e del paesi nordici, oltre che in Australia, e coincideva sempre con il solstizio d’inverno. Il Panevin è nato come un’esigenza degli uomini primitivi, che vedevano il sole affievolirsi sempre più e recitavano questo rito, considerato un ‘magico sacrale’, perché intendevano influire sul fuoco e auspicavano che questo ritornasse a risplendere, e quindi a donare vita e calore”.
Da più parti si sostiene anche una certa caratterizzazione in senso religioso e cristiano degli stessi falò, che secondo le antiche credenze contribuivano ad illuminare durante la notte il cammino dei tre Re Magi verso Betlemme, diretti a rendere onore e a recare i doni di oro, incenso e mirra al Bambino Gesù. Non a caso ormai da tanti anni, all’evento dei Panevin del 5 sera promosso dal Consorzio Pro Loco del Quartier del Piave e Vallata, viene benedetto il fuoco del grande braciere alla partenza dei volontari delle associazioni locali, che con le loro torce si recano di corsa ad accendere i roghi allestiti in tutta l’area dell’Alta Marca.
“La scelta della data del 5 gennaio è riconducibile ad una tradizione che parte dopo la Grande Guerra – prosegue – perché in passato si svolgeva diversamente: ci sono giunte notizie secondo le quali un secolo fa si contava l’accensione di almeno tre Panevin, e precedentemente questi si svolgevano addirittura per tutto il periodo da Natale fino all’Epifania. La figura della ‘vècia’, comunque, era presente solitamente all’ultimo fuoco”.
Proprio la ‘vècia’ è la protagonista dei falò: “Il rito del Panevin culminava nel ‘brusàr la vècia’, la cui figura fa parte dell’immaginario collettivo – spiega Dall’Anese -: essa è un personaggio mitico, pagano, presente in tutte le fiabe del mondo. Quella del ‘Panevin’ simboleggiava l’anno vecchio, spesso poco favorevole. Era considerata simbolo di maleficio, e si consumava bruciando; con essa scomparivano i germi delle disgrazie e la morte veniva espulsa dalla comunità: non a caso erano i bambini stessi, simbolo della vita, a preparare il fantoccio”.
La festa del 6 gennaio è accompagnata sempre dalla figura della Befana, ed è il nostro docente ancora una volta a spiegarne le ragioni: “La parola ‘befana’ è una storpiatura di ‘Epifania’ – puntualizza -. Dalle ceneri della ‘vècia’, purificate dal fuoco, nasceva la ‘buona’ vecchia, la Befana, che portava i doni e con essi la speranza di una buona annata; distribuiva anche le mele, simbolo di fertilità e salute, mentre lasciava ai bambini cattivi il carbone, quale testimonianza di credenze agrarie e simbolo dello spegnersi del fuoco, dell’esaurirsi della vita”.
“La figura della Befana risale al periodo pagano quindi, a un’epoca precedente la venuta di Cristo – conferma Dall’Anese -: come è successo per il Natale, che era la festa romana del ‘Sol Invictus’, il Cristianesimo ha fatto preciso riferimento alle tradizioni pagane e le ha trasformate in riti religiosi”.
Qualche analogia, comunque, rimane: “I doni, come rammentavano i Magi – conclude – rivelavano che ciascuno viveva dell’altro e, per accentuare il valore simbolico dell’offerta, si rivolgevano in primo luogo ai bambini in quanto ‘frutti’ dell’uomo”.
(Fonte: Beatrice Zabotti © Qdpnews.it)
(Foto: archivio Qdpnews.it – Flavio Gregori – Vite Illustri Pieve di Soligo).
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