“Ieri mattina ci siamo messi in viaggio per Pieve di Soligo. Durante i primi dieci chilometri non abbiamo trovato anima viva ma, benché non conoscessimo la via, ci fu facile trovarla seguendo le indicazioni tedeschizzate dei nomi dei nostri paesi.”
Non sono parole tratte da un romanzo fantastico o da un manifesto propagandistico tedesco, ma la voce autentica di una profuga di Valdobbiadene, Caterina Arrigoni. Una testimonianza risalente al 29 gennaio 1918, quando la provincia di Treviso, da circa tre mesi, era spaccata in due dalla guerra sul Piave. Di qua e di là, sinistra e destra, Austria-Ungheria da una parte, Italia dall’altra.
Cartelli stradali dei propri paesi scritti in tedesco… Sembra quasi impossibile al giorno d’oggi, figurarsi per i nostri antenati veneti che, appena cinquant’anni prima, il 22 ottobre 1866, si erano liberati dal giogo austro-ungarico entrando a far parte del Regno d’Italia. Un incubo! Ma non è tutto…
“Dall’alto delle Mire fino a Refrontolo – prosegue lo stesso giorno Arrigoni – tutta la via è mascherata in vari modi: sopra la siepe naturale ed artificiale è stesa una rete metallica nella quale sono fittamente intrecciate canne e frasche. Anche i comandi militari e la chiesa di Refrontolo sono mascherati con frasche”.
Provate solo ad immaginare questo curioso scenario: interi paesi ovattati da una fitta vegetazione, abitazioni di sióri e poaréti, chiese e campanili tutto volutamente oscurato per impedire ai soldati italiani, schierati a chilometri di distanza, di individuare un obiettivo da colpire o un piccolo spiraglio dove poter attaccare i “Todeschi”. Immaginate lo stato d’animo degli abitanti di quei luoghi, già invasi dai profughi di Pieve di Soligo, Moriago, Segusino, Valdobbiadene e Vidor, costretti ad un isolamento forzato, a lavori “socialmente utili” a suon di bastonate (in primis la costruzione di strade), coprifuoco, raccolti e provviste requisiti, bestiame macellato, razionamento del cibo.
Tutta la Vallata del Soligo fino a Ceneda-Vittorio e parte del Quartier del Piave fu in quei mesi la seconda linea austro-ungarica, entrambe le sponde del Piave furono trasformate in tane a zig zag per migliaia di soldati in attesa del fatidico “All’attacco!”, che non arrivava mai… Era l’anno della fame 1917-1918 per le genti venete occupate, l’anno della riscossa dopo Caporetto per il governo Vittorio Emanuele Orlando e per i generali Armando Diaz, Pietro Badoglio, Gaetano Giardino.
(Fonte: Luca Nardi © Qdpnews.it).
(Foto: ÖNB)
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