“Si avverte il pubblico che con l’ultimo treno del giorno 31 marzo cessa il servizio viaggiatori e merci sulle linee Tramviarie: Montebelluna-Asolo e Montebelluna-Valdobbiadene”.
In un volantino della Direzione della Società Veneta, esattamente 90 anni fa, veniva annunciata la chiusura delle due linee tramviarie.
La campanella suonava per l’ultima volta nella stazione principale di Montebelluna che si trovava nell’edificio ancora esistente, di fronte alla stazione ferroviaria, negli ultimi anni occupato da un ristorante cinese.
Accanto c’era anche un piccolo albergo, oggi abitazione civile e rimasto architettonicamente invariato nella facciata.
La linea, inaugurata il 17 agosto del 1913, è rimasta dunque attiva per 18 anni (con una lunga interruzione durante la guerra), anche se l’idea era maturata diversi anni prima da parte dei sindaci della zona che avevano riconosciuto la necessità di avere un collegamento “rapido” e sicuro tra i vari Comuni.
Di quella vecchia linea tramviaria, oltre ad alcuni edifici (ex stazioni) perlopiù diroccati, restano le immagini dell’epoca pubblicate in un libro e catalogate su un archivio web di Gianni Desti Baratta, il sito www.destigianni.com contenente quasi 5mila vecchie foto di Caerano, Montebelluna e Cornuda, e non solo.
“La linea tramviaria – ci spiega lo storico montebellunese Lucio De Bortoli – viene approvata nel 1907, non a caso. In quel periodo, infatti, il grande politico montebellunese Pietro Bertolini, ricopriva l’incarico di ministro dei Lavori pubblici e dei Trasporti nel terzo Governo Giolitti. Venne realizzata da alcuni partner privati e la gestione fu affidata alla Società Veneta, partecipata anche dal conte Giuseppe Volpi, ministro plenipotenziario e governatore della Tripolitania che nel 1912 partecipò con Bertolini al Trattato di pace con la Libia. Le spese di costruzione furono a carico pubblico, da parte dei Comuni e della Provincia, mentre i costi di gestione e di manutenzione furono appannaggio dei privati”.
“La Società Veneta si tratteneva una percentuale sugli incassi dei biglietti. La Tramvia aveva anche una soluzione merci – prosegue De Bortoli che, sull’argomento, ha collaborato alla stesura del libro “Signori si parte” di Giorgio Chirigato edito dalla Libreria Zanetti -. Le merci che arrivavano per ferrovia venivano caricate sul tram per essere trasportate nei vari paesi del comprensorio. Un servizio, in verità, nato soprattutto per soddisfare le esigenze del Canapificio di Andrea Antonini, a Crocetta del Montello. Una soluzione che, in parte, risolse gli attriti che nacquero quando venne deciso di far passare la ferrovia nella vicina Cornuda”.
Dalla stazione “centrale” di Montebelluna si dipanavano le due linee, verso Asolo e verso Valdobbiadene. I treni partivano dalla parte retrostante della stazione, rispetto alla strada e, dove ora c’è la rotonda, si biforcavano le due linee.
Una si dirigeva, in salita, verso Boccavalla, per raggiungere Biadene, Pederiva, Crocetta, Covolo e Valdobbiadenea. L’altra passava per il centro cittadino lungo le attuali via Piave e via Mazzini, per proseguire verso Caerano San Marco, Maser, Crespignaga, Casella d’Asolo (nella foto sotto).
“Solo dopo un’insistenza di Asolo – prosegue lo storico montebellunese – la tramvia fu fatta arrivare alla Città dei Cento Orizzonti, con disagi notevoli dovuti alla forte pendenza. Inaugurata nel 1913, si fermerà poi a causa della Grande Guerra, e viene ripristinata agli inizi degli Anni Venti”.
Tuttavia non durerà a lungo, per vari motivi, come ci spiega bene Lucio De Bortoli: “Nascono scontri sociali con la cooperativa dei lavoratori, a capo della quale c’era Guido Bergamo. Il fascismo della tramvia di Montebelluna non ne vuole sapere e lascia ai Comuni, che di soldi ne avevano pochi, l’onere della gestione. Tanto che la linea fu riattivata da lavoratori senza avere il permesso da parte della Prefettura. Il ministro De Stefani del primo Governo Mussolini non potenzia i finanziamenti dicendo sostanzialmente ai Comuni di arrangiarsi. A mettere poi in definitiva crisi la tramvia fu la ditta Cecconi che con i suoi autobus su gomma divenne più competitiva. Un servizio più celere a un prezzo poco superiore a quello del tram, parliamo di 5 centesimi a corsa”.
Così il 31 marzo del 1931 la tramvia fa l’ultima corsa. Un’infrastruttura che, paradossalmente, venne considerata desueta, quando invece aveva anticipato di almeno mezzo secolo le strategie infrastrutturali e dei trasporti di tutto il mondo: “Pensiamo cosa sarebbe oggi la tramvia – commenta De Bortoli -. Una metropolitana di superficie superveloce come quelle giapponesi o dei grandi centri urbani di tutto il mondo, straordinariamente moderna”.
(Fonte: Flavio Giuliano © Qdpnews.it).
(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata – Zanetti Editore).
#Qdpnews.it