In Italia il luppolo è ancora una coltura poco diffusa, eppure offre molte opportunità commerciali. Lo sa bene Luca Stival, un giovane imprenditore di Godega di Sant’Urbano che due anni fa, a 21 anni, ha messo in piedi la sua azienda agricola.
“La mia passione per l’agricoltura nasce quando ero piccolo” racconta. Dopo il diploma al Cerletti di Conegliano e una breve esperienza in una cantina del territorio, Luca ha deciso di mettersi in proprio sfruttando alcuni terreni di famiglia da tempo inutilizzati.
In una zona dominata dai vigneti la scelta di produrre luppolo può sembrare controcorrente. “Nel nostro Paese è una coltura minore, ma sta prendendo piede, in particolare fra i giovani. Il 90% della birra venduta in Italia – spiega Luca Stival – viene prodotta con materia prima proveniente dall’estero. La birra 100% italiana rappresenta una minoranza”.
Facendo un giro per l’azienda agricola, dove spiccano gli alti impianti di coltivazioni, Luca spiega quali sono le caratteristiche del luppolo. “È una pianta della famiglia delle cannabacee. È una liana perché cresce dal suolo fino a raggiungere sei, talvolta otto metri di altezza, e ha un ciclo di vita paragonabile a quello della vite, ovvero di circa vent’anni. Si adatta a tutti i tipi di terreno per via della sua natura infestante, ma bisogna tenere conto dell’umidità e della temperatura. Qui in Italia ad esempio attecchiscono meglio le varietà americane rispetto a quelle tedesche, ceche o polacche. La raccolta viene fatta da fine agosto a fine settembre; poi i fiori vengono essiccati e trasformati in pellet, proprio come quello che si usa per le stufe”.
Oggi l’imprenditore 23enne di Godega, coltiva tre ettari di luppolo di quattro diverse varietà, da cui ricava circa 20-30 quintali di prodotto secco l’anno. Gli affari vanno bene e gli ordini da parte di importanti realtà artigianali italiane, fra cui la storica azienda Mastri Birrai Umbri di Perugia, non si sono fatti attendere troppo.
“In futuro vorrei acquistare dei nuovi impianti e assumere del personale”. Ad oggi infatti Luca Stival manda avanti l’azienda solo con le proprie forze. Oltre agli impianti di coltivazione e all’essiccatoio, in azienda è presente un piccolo centro di trasformazione dove testa nuovi prodotti.
“Ho una piccola produzione a marchio mio, circa 15 ettolitri, che affido ad un birrificio esterno, e che è destinata alla vendita diretta e ad alcuni locali della zona – racconta – Di recente ho fatto qualche bottiglia di Italian Grape Ale, l’unico stile birraio italiano, che contiene un 20% di mosto d’uva”.
(Fonte: Rossana Santolin © Qdpnews.it)
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