Raccontare la storia degli zattieri del Piave significa tenere viva la memoria di un’antica civiltà fluviale che viveva in simbiosi con il fiume. L’uso della zattera come mezzo di trasporto di persone, merci e bestiame ha origini antichissime e non riconducibili a date precise.
Quel che è certo è che la figura dello zattiere si sviluppa e si afferma ai tempi della Serenissima. Con il consolidarsi del dominio veneziano aumenta il fabbisogno di legname necessario a fornire la potente flotta della Repubblica e a dare solide fondamenta agli stessi palazzi che oggi danno bella mostra di sé lungo il Canal Grande.
Da lì il detto per cui “Venezia poggia su un Cadore rovesciato”. Esaurite le risorse dei boschi lagunari, quelli cadorini diventano una preziosa miniera di legname che per essere trasportato in laguna si avvale dell’abilità e della sapienza degli zattieri.
Quello dello zattiere era un mestiere usurante e pericoloso: chi partiva al mattino non era sicuro di fare ritorno a casa la sera, tante erano le insidie che potevano presentarsi durante il viaggio.
Il luogo prediletto per conoscere questa affascinante pagina di storia è il Museo degli zattieri del Piave di Codissago, frazione di Longarone. L’Associazione degli Zattieri del Piave denominata “Fameia dei Zater e Menadas del Piave” si è costituita nel 1982 allo scopo di tutelare questa affascinante pagina di storia locale. All’associazione appartiene Arnaldo Olivier, proveniente da una famiglia di zattieri da generazioni.
“Di questo lavoro si hanno notizie fin dal 1492: il 3 agosto lo statuto degli zattieri del Piave viene avvalorato dalla firma di Agostino Barbarigo, doge di allora” spiega Olivier.
Inizia così una tradizione secolare che prosegue fino agli anni Venti del secolo scorso. “Lungo l’asse della Piave c’erano centinaia di zattieri.
La Serenissima in particolare aveva incaricato le compagnie di Codissago per trasportare materiale prezioso destinato all’arsenale”. Gli zattieri di Codissago infatti si distinguevano per abilità e coraggio. A loro spettava il trasporto del legname lungo uno dei tratti più insidiosi del fiume.
Il lavoro degli zattieri si collocava alla fine di quella che possiamo definire una vera e propria filiera del legno che iniziava con il taglio del legname e terminava con il trasporto dei tronchi fino in laguna coinvolgendo diverse figure.
“Si iniziava nel bosco: da novembre ad aprile si tagliavano centinaia di tronchi, fino a 300 mila, che poi venivano condotti a valle, nelle segherie, sfruttando la forza delle correnti. Il segato o il segantino (a seconda dell’età) tagliavano e rifinivano questi tronchi in tavole.
È qui che entravano in gioco gli zattieri che assemblavano abilmente i tronchi e le tavole in zattere. Si creavano così dei veri e propri “treni di legno” lunghi 21 metri – ma che potevano arrivare a 35 – e larghi mai più di 4,20 metri. La larghezza era una misura d’obbligo che teneva conto di scivoli e chiuse che si incontravano lungo il percorso”.
I tronchi che componevano le zattere venivano assemblati con le “soche”, ovvero rami di nocciolo torti tagliati rigorosamente sul calare di luna. Le zattere venivano poi caricate e infine condotte a Venezia.
Il fiume dunque si offriva come via d’acqua fondamentale di collegamento fra il Cadore e la laguna. Lungo questa “autostrada naturale” avveniva una sorta di “staffetta” tra le cinque stazioni che sorgevano lungo il Piave.
“Lungo il fiume si contavano 13 impianti di segherie destinati alla lavorazione e preparazione del legname. I porti (anche detti fraglie o fratellanze) erano cinque, ed erano collocati rispettivamente a Codissago, Ponte nelle Alpi (allora Capo di Ponte), Borgo Piave (Belluno), Nervesa e infine Ponte di Piave. In corrispondenza di questi punti avveniva lo scambio della merce e il cambio di equipaggio da una fraglia all’altra”.
Gli zattieri di Codissago erano i primi a mettersi in viaggio. “Le zattere venivano caricate in sovraccarico e arrivavano a Codissago dopo pranzo. Il capozzattera portava la bolla di accompagnamento in osteria e tutti tornavano a casa a piedi” commenta Olivier. Il giorno dopo questa staffetta proseguiva.
“Gli zattieri di Ponte nelle Alpi arrivavano a loro volta a piedi e poi navigavano verso la stazione successiva a Borgo di Piave. A Ponte di Piave, per via delle caratteristiche del fiume, le zattere venivano trasportate dalle alzaie fino all’ingresso in laguna”.
A questo punto i “treni di tronchi” venivano smembrati e il legname accatastato nei depositi dei mercanti cadorini, oppure trasportato direttamente all’arsenale. Si conta che fossero almeno tremila le zattere che di media ogni anno dal Cadore giungevano a Venezia.
La cultura della zattera, non è una peculiarità del solo Bellunese, ma appartiene alla tradizione di tutti quei paesi europei attraversati da grandi fiumi. A spiegarlo è Cosetta Olivier, direttrice del Museo di Codissago, impegnata nell’Associazione internazionale degli zattieri.
“L’associazione è nata nel 1989 e oggi ne fanno parte 42 associazioni di tutta Europa. Fra queste, in rappresentanza dell’Italia, appartiene anche la “Fameia dei Zater e Menadas del Piave”.
Il nostro impegno è rivolto a far sì che l’antico mestiere della zattera venga riconosciuto dall’Unesco contribuendo a custodirne la storia e così il passaggio alle generazioni future di un prezioso patrimonio culturale”.
(Fonte: Rossana Santolin © Qdpnews.it)
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
#Qdpnews.it