Tra gamberi rossi e santità, le meraviglie della chiesa di San Giorgio a San Polo di Piave

Nelle fertili campagne della Sinistra Piave risplende da molti secoli il gioiello della chiesa di S. Giorgio, incastonato tra le feconde vigne circostanti. Esattamente cinquanta anni fa la chiesa fu oggetto di una campagna di solidarietà intitolata “Salviamo San Giorgio”, concretizzatosi poi con un concerto ripreso in diretta dalla Rai TV.

Grazie a questa iniziativa nell’anno successivo (1974) fu avviata una campagna di scavi per documentare in maniera scientifica per la prima volta gli acquedotti romani del II secolo a San Giorgio. Nella stessa circostanza fu concessa un’indagine archeologica sul lato sud, all’esterno della chiesetta, che permise di recuperare un antico sarcofago, poi datato tra il III e il IV secolo dopo Cristo e che oggi fa bella mostra di sé come base del nuovo altare al centro dell’abside.

Nel 1989 Mauro Lucco avanzò per primo un’attribuzione degli affreschi di S. Giorgio, fino ad allora opera di un anonimo “Maestro di San Giorgio”. Tramite la lettura comparata degli affreschi esistenti soprattutto nel feltrino arrivò a individuare l’autore in Giovanni di Francia, figlio del barbatonsore Desiderio da Metz (Lorena), attivo nei dintorni di Feltre e nella Valbelluna a metà del XV secolo. I cartoni delle figure raffigurate sulle pareti di S. Giorgio, come la Madonna in trono con il Bambino, San Bernardino da Siena, e la stessa Ultima Cena, erano già stati adoperati in precedenza dal pittore. Il ciclo di affreschi fu presentato il 28 settembre 1466 e per il momento rappresenta l’ultima opera di Giovanni di Francia.

È un pittore già anziano, aiutato dal figlio Desiderio da Feltre che ritroveremo negli affreschi del duomo di Conegliano, legato ancora ai canoni pittorici del secolo precedente del cosiddetto “gotico internazionale”, sviluppatosi nel nord Europa. Nello stesso tempo ha una capacità incredibile nel raccontare la sua pittura, come nel caso delle quattro scene della Vita di San Giorgio, appositamente realizzate per questa commissione artistica, che presenta come un moderno fumetto: sotto ogni affresco aggiunge una didascalia nella lingua parlata a San Giorgio nel XV secolo.

La chiesa è famosa soprattutto per una bellissima Ultima Cena, giunta fino a noi nella sua integrità e che si caratterizza per la presenza dei gamberi e delle ampolle di vino rosso sulla tavola imbandita. Le Ultime Cene con gamberi sono un tema diffusissimo in tutto il nord Italia a partire dalla metà del XIII secolo fino al pieno XV; attualmente ne sono censite circa 150, che vanno dalla Liguria, al Piemonte e poi in tutto l’arco alpino fino al Triveneto, soprattutto lungo le valli dell’Adige e del Piave.

In provincia di Treviso ritroviamo questo soggetto nelle chiese parrocchiali di Mareno di Piave, Susegana, Rugolo di Sarmede e in una chiesa non più esistente a Saccon di San Vendemiano, il cui affresco fu staccato e oggi è visibile nel Museo del Castello di Conegliano.

Molte le interpretazioni attribuite alla presenza dei gamberi, ma nessuna che trovi l’unanime consenso. Per i fedeli che videro per la prima volta gli affreschi era un modo per immedesimarsi alla mensa del Cristo, anche loro mangiavano gamberi soprattutto nell’osservanza del digiuno quaresimale.

Per gli studiosi l’interpretazione maggiormente plausibile della diffusione dei gamberi affrescati nelle chiese risiede in una polemica anti-ebraica, poiché ancor oggi per un ebreo osservante un passo del Levitico vieta il consumo di tutti i pesci e i crostacei senza le squame.

(Autore: Vinicio Cesana).
(Foto e video: Qdpnews.it © Riproduzione riservata).
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