Toponimi della Marca Trevigiana, Tarzo: sulla via dei murales alla ricerca del passato e alla scoperta del presente

Tarzo è un comune di circa 4.500 abitanti le cui frazioni si stendono sulle sponde dei laghi di Revine, sulle colline del Prosecco e sulla piana che digrada verso Conegliano. Grazie alla eterogenea morfologia ambientale e alla ricchezza di acque, sul territorio di Tarzo si sono avvicendate numerose comunità umane le cui tracce più antiche risalgono al Neolitico e all’età del Bronzo.

Le prime attestazioni toponomastiche riconducono al Basso Medioevo, periodo convenzionalmente compreso fra il 1000 e il 1492, anno della scoperta dell’America: ed ecco “Tarçe” nel 1031, “Tarço” nel 1397 e “Tarcio” nel 1476.

Secondo gli studiosi siamo ancora una volta dinanzi a un prediale, un nome geografico associato a quello del proprietario di un fondo (dal latino praedium, podere) che nello specifico potrebbe essere un certo Tartius.

La storia di Tarzo, dall’antichità ai giorni nostri è stato un incessante alternarsi di periodi prosperi e anni di crisi nei quali il paese ha sperimentato diverse forme di governo e dominazione: i Longobardi, la signoria caminese, il vescovado di Ceneda, la Serenissima Repubblica di Venezia, l’impero napoleonico e quello austroungarico.

Una storia racchiusa nell’enigmatico linguaggio araldico del blasone civico nel quale ritroviamo la mitria vescovile, la fascia azzurra e l’albero che richiamano le acque e la selva. Un susseguirsi di periodi di prosperità e anni bui sui quali incombe lo spettro di due guerre mondiali e del drammatico esodo dei veneti verso l’Europa settentrionale e i paesi transoceanici.

Per conoscere più da vicino Tarzo e la sua gente percorriamo un lungo itinerario che, dopo aver toccato le suggestive frazioni collinari, approda sulle sponde del lago. Dopo una sosta nella “Va’ dee Femene”, storico luogo di lavoro delle lavandaie proseguiamo sulla via dei murales, opere recenti che rievocano diversi aspetti della quotidianità tarzese: la leggenda del Mazarol, la tradizionale bottega del casoin, il ritorno dell’emigrante, la fornace di laterizi e la vita campestre solo per citarne alcuni.

Le donne che popolano i cortivi, gli artigiani e i contadini ritratti nei murales per fortuna non sono la rappresentazione di un mondo definitivamente scomparso, ma evocano atmosfere ancora percettibili fra i vicoli e le dimore tarzesi.

Fra i tanti, il dipinto dedicato alla latteria sociale è un invito irresistibile a fare incetta degli squisiti formaggi locali: gustati al naturale o accompagnati da un cucchiaino di miele locale saranno il pretesto per ritornare appena possibile a Tarzo.

(Fonte: Marcello Marzani © Qdpnews.it)
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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