L’amministrazione comunale di Treviso ha deciso di sostenere la seconda edizione del progetto agenda “Doppiotempo” dedicandolo a una finalità sociale importante: il sostegno alle attività dell’associazione Comunità Giovanile.
L’agenda “Doppiotempo” racconta dodici storie di donne della nostra quotidianità. Sono storie di riscatto, di conciliazione, di rinascita con protagoniste donne trevigiane nelle quali è facile riconoscersi o riconoscere amiche, sorelle, mamme, nonne, zie. Anche quest’anno l’iniziativa segna le tappe fondamentali nella storia delle pari opportunità tra uomo e donna, per essere stimolo di riflessione e strumento di formazione alle centinaia di studenti che porteranno l’agenda a scuola in specifici progetti formativi.
Il progetto è di Silvia Milani realizzato in partnership con la direzione artistica e la progettazione grafica di Studio Radici, le illustrazioni di Caterina Sala, in collaborazione con il Comune di Treviso – assessorato al sociale e alle pari opportunità, Spazio Donna e commissione comunale per le pari opportunità, con il sostegno di Coldiretti Donne Impresa e CISL Belluno-Treviso e con il patrocinio del gruppo provinciale Terziario Donna Confcommercio. Alcune storie, nel rispetto della privacy delle interessate e a tutela del minori, utilizzano pseudonimi.
“Coltiva la tua passione, segui il tuo istinto, sbaglia con la tua testa”: è questo il “fondamento” umano, professionale e morale di Valentina Dal Zilio, 45 anni, oggi caposervizio del Gazzettino di Treviso, prima donna alla guida della redazione trevigiana nella storia del grande quotidiano veneto.
Una storia piena di amore, libertà e passione per il lavoro, che inizia presto. “Sì, a scuola ero brava in italiano – racconta Valentina – ho sempre pensato di fare la giornalista. Alle medie scrivevo per il giornalino scolastico, ho fatto il Liceo classico e poi scienze della comunicazione a Trieste, ma ho potuto dare libero corso a questa passione grazie alla mia famiglia, sempre presente. Il senso di fiducia e di potercela fare mi ha accompagnata fin dal primo momento, e oggi mi godo questo grande privilegio: fare un lavoro che mi appassiona e che non cambierei per nessun’altra professione”.
Le radici di Valentina poggiano su una rete familiare solida: i genitori, oggi nonni super accudenti e attenti, che aiutano nel quotidiano e tengono – nei lunghi orari di lavoro – Nina, la sua bimba di 10 anni. “Ho preso la capacità di ascoltare e di mettermi in gioco da mia madre, una donna libera e forte, capace di stare con tutti. Le giornate sono lunghissime ma se il lavoro piace il tempo vola, non sento la fatica e so che Nina è sempre al sicuro – spiega Valentina – Come tanti di noi sono partita dal calcio e dalle collaborazioni dei weekend. Avevo 19 anni, mi sono presentata alla Tribuna e ho mosso i primi passi scrivendo del Ponzano Calcio. Mi divertivo tantissimo e mi piaceva”.
Il primo passaggio è stato dal calcio alla sanità, poi alla cronaca nera e giudiziaria. “Ho avuto la fortuna di avere grandi colleghi che mi hanno scelta e chiamata, dandomi fiducia e responsabilità. L’inizio alla Tribuna, poi la proposta del Corriere del Veneto con l’esperienza formativa della cronaca. Quattordici anni intensi, fino al passaggio al Gazzettino con un ruolo di coordinamento che mi ha portata a guidare l’edizione di Treviso. La seconda donna “capo” nella storia del quotidiano, la prima per la città: un onore, un orgoglio e un impegno che è diventato la mia vita. Coordinare una redazione è un traguardo e un punto di partenza, con stimoli sempre nuovi. Un lavoro reso possibile dalla tenacia personale e da colleghi speciali che mi hanno insegnato a seguire l’istinto, a non aver paura di sbagliare, ad assumermi le responsabilità in un percorso di crescita costante”.
Tante storie, dalla cronaca nera ai racconti di vita quotidiana. “Ho vissuto in diretta alcuni grandi fatti di cronaca nera che hanno segnato il Veneto, come il delitto Tassitani e i drammatici fatti di Gorgo al Monticano. In tanti anni di cronaca le esperienze emotive te le porti dentro. Non potrò mai dimenticare l’abbraccio tra Rosa, madre di Alin, basista di Gorgo, con Daniele Pellicciardi, che aveva perso i genitori nella mattanza, nell’aula bunker di Mestre. Ho capito che non potevo sottrarmi alla richiesta di una madre disperata: l’abbraccio tra la vittima (il figlio Daniele) e la madre di uno dei carnefici placa la coscienza e ti fa capire che fai un lavoro utile, che val la pena di andare oltre il proprio dovere, anche se ti trovi a dover raccontare un delitto efferato. L’empatia è il requisito essenziale per tradurre la realtà, per riuscire a cogliere una storia laddove non penseresti mai di trovarla. Il bello del lavoro è poter raccontare, ogni giorno, nuove storie, scoprire la città in cui vivo, seguirne le evoluzioni. Nel nostro lavoro hai tante vite quante sono i racconti, non ci si annoia mai, ci entri dentro e li vivi nel profondo“.
Proprio come recita il celebre titolo pirandelliano: una, nessuna e centomila. Tante notizie, tante vite, tante emozioni. “Ho ancora tante storie da scoprire, tante vite da far conoscere, tante verità da portare a galla. Il mio è un mestiere meraviglioso”.
(Fonte: Redazione Qdpnews.it © Qdpnews.it)
(Foto: agenda Doppio Tempo).
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